sabato 30 novembre 2019

Muto

Nella Grande Azienda c'é la grande Conference Call, dove tutti, ma proprio tutti i dipendenti del Dipartimento della Grande Azienda son connessi, dalle parti più disparate d'Europa.
C'é quello che parla tanto, c'é quello che non ha un buon inglese, ci sono io, c'é quello che fa sempre domande, quello che ha sempre le risposte. C'é il capo di tutti, serio, che parla poco e principalmente ascolta. Un'umanitá variegata riunita attorno ad un telefono, a discutere.

Interno ufficio, giorno. Siamo in cinque: il Grande Capo, il Tipo Serio, il Tipo-che-sta-lá e i due cazzeggioni (io e il Collega). In mezzo a noi, il telefono con i suoi fili tentacolari muniti di microfono e tastino mute. Cinque laptop sul tavolo, cinque belle testoline.

Si parla e si discute, accompagnando la Call al termine. Ad un certo punto, il Gran Capo toglie il muto e comincia con il condividere un'informazione. Come é giusto cala il silenzio in Europa. E... Tuc... Improvvisamente la lucina sul telefono da verde diventa rossa, segno della riattivazione del muto. Il Gran Capo schiaccia nuovamente e cerca di riprendere il filo del discorso.

E ... Tuc... Di nuovo il muto inserito! Io guardo il telefono cercando di capire e sentendo al contempo il gomito del Collega di fianco.

Il Gran Capo riprende, alterato. Al suo fianco il Tipo Serio mi guarda e ci vediamo allo specchio: serietá e cazzeggio a farsi da parte perché é la confusione a farla da padrona. 

E... Tuc... Ancora una volta il Gran Capo viene azzittito. Il Collega mi continua a dar di gomito, il Tipo Serio ancor più spaurito, il Gran Capo rosso in volto.

Ancora.... E ... Tuc...  Quattro teste si girano all'unisono verso il Tipo-che-sta-lá e che, tranquillamente, giocherellava con proprio tastino del muto!
Giocherellava!
Silenziando il Gran Capo!

lunedì 18 novembre 2019

Ho visto: Parasite

E´ un sabato sera diverso da tanti altri. Solo a casa, in silenzio, pioggia fuori, freddo ovunque, tranquillita´.
Squilla il telefono.
"Andiamo a vedere Parasite? Sta alle 23, coreano con sottotitoli in inglese"
"Sicuro che i sottotitoli siano in inglese? Di coreano so solo "An-nyeong-ha-se-yo!" (ndr che significa semplicemente Ciao!) e "Go-map-seum-ni-da!" (ndr ovvero Grazie!) e un film intero in tedesco ancora non lo riesco a seguire"
"No, non sono sicuro per niente"
"Vabbe´, proviamoci"


Buio in sala.
(per fortuna i sottotitoli sono in inglese)


Cominciamo col dire che e´ una commedia che si fa drammatica, e´ un occhio sulla societa´ coreana, critico, ma che si allarga a comprendere anche la societa´ occidentale. C´e´ una punta di spionaggio e un q.b. di azione. Non se ne puo´ catalogare il genere, il tutto e´ sapientemente mischiato insieme.
Senza troppo scendere nella trama, e´ la storia di come due famiglie coreane, una poverissima e l´altra ricchissima, vengono a conoscersi e ad interagire.
E per prima cosa, gli spazi. tanto la casa dei poveri e´ piccola, sgangherata, piena di cose, rumorosa, inadatta a contenere la vitalita´ della famiglia, tanto la casa dei ricchi e´ grande, pulita, minimal, essenziale, silenziosa, quasi che non bastino mai i respiri dentro ad animarla veramente. Un parallelo perfetto e´ la finestra dei saloni di entrambe: si passa dalla fessura che da´ vista sul - anzi - nel vicolo, pieno di vita sudata e pisciata, di iper-realta´ dei bassifondi di una metropoli alla gigantesca finestra sul giardino perfetto, pieno di calma, ma con una siepe che non si sa se separi l´interno dall´esterno o il viceversa (non vuoi essere visto o non vuoi vedere?). Mille altri esempi son presenti solo su questo tema, come il water rialzato da dove arriva il segnale wifi (la famiglia povera risiede al di sotto di questo standard, oggi accettato come minimo) o la ridiscesa agli inferi (quando troppo in alto si sale, la caduta fara´ piu´ male).
Quindi e´ tutto un gioco di contrasti (povero-ricco, basso-alto, sporco-pulito...) che si mantiene pero´ in perfetto equilibrio: non c´e´ manicheismo, il bene non e´ da un lato, cosi´ come il resto non e´ male. E´. E´ semplicemente cosi´. Sono le situazioni a creare l´empatia tra spettatore e personaggio ad ogni scena, senza mai regalare privilegi a nessuno in tal senso.
Lo spettatore non parteggia completamente, pur all´interno di una storia che descrive la netta separazione tra le classi sociali, tema sentitissimo in Corea del Sud (lo posso testimoniare, lavorando per una societa´ coreana). Cio´ che risalta maggiormente e´ l´immutabilita´ di questo meccanismo sociale, gioco delle parti in cui chi e´ nato nella meta´ giusta lo e´ quasi per diritto divino e che non bada minimamente all´intorno. Da occidentale non penso di poter cogliere perfettamente questa sfumatura perche´, mentre in Occidente le classi esistono ma possono liquefarsi e mischiarsi (come il sogno americano suggerisce), in Corea chi ha potere avra´ sempre la precedenza soverchiando ogni velleita´ altrui. I poveri Kim hanno dalla loro un mix esplosivo di voglia, intelligenza e tenacia che, in un qualunque scenario in direzione EU-USA li trasformerebbe in uno spot di riscatto sociale mentre in Parasite li vede partire e ripartire sempre dallo stesso punto, immutabile come si diceva.
Chi prova a rompere l´equilibrio e´ rappresentato dal solo Min, l´amico di buona famiglia dei Kim il quale - estremizzando - paga immediatamente il proprio aiuto (reale e realizzato) con l´esilio (chi forza le regole, anche se a fin di bene, e´ fuori dalla societa´, da qualunque classe). Tutti gli altri personaggi tentano di elevarsi, di progredire, ma in realta´ ricadono sempre nel proprio alveo. Per salire tanto servono una concentrazione ed una applicazione super-umana che non possono essere mantenute troppo a lungo; si deve avere un piano ma la vita si rivela essere troppo aleatoria da gestire in modo organico e deterministico. Pertanto ci si puo´ accontentare, accettando piccoli miglioramenti nella rincorsa alla vetta, limitando i rischi e vivendo di luce riflessa, ringraziando ad ogni passo sulle scale oppure tentare il tutto per tutto e ritrovarsi con sicurezza nella propria iniziale insicurezza.
Cosa resta? Restano i sogni ad animare il presente, i sogni che alleviano la vita che scorre, ma che sempre sogni devono restare, in modo che l ´equilibrio resti preservato.