sabato 22 aprile 2006

Succede, certe volte, di uscire con gli amici; arrivano le risate e giunge anche il sonno. Succede di salutarsi tutti e ad ognuno di salire sulla propria auto, verso casa, il letto e Morfeo. Succede. E capita, talvolta, di parcheggiare sotto casa, di guardare fuori un normalissimo scorcio di urbanità addormentata e silenziosa, di appoggiare la testa all'indietro sullo schienale e di lasciarsi andare ai pensieri. Il sonno sparisce e cominci a respirare del vento che vedi attraverso i vetri muovere i rami di un albero. Lentamente, lentamente, lentamente. E nulla ti distoglie, perchè nesssuno passa ed ogni suono ha il pudore dell'assenza, nulla prova ad incrinare e deturpare questo quadro perfetto. Tutto in un angolo muto di città. E allora, tiri su l'ultimo respiro che scende fino ai polmoni, si allarga e ti fa aprire la porta. Piede a terra su quest'asfalto che con la Natura nulla ha a che fare. E ti giri e solo cemento è. Cemento e metallo e odori strani, sentiti sempre ma oggi come la prima volta percepiti. Profondamente alieni. Quindi prendi le chiavi, le rigiri tra le mani, le guardi e continui a pensare a come sarebbe se tutto non ci fosse, se si tornasse a quando il mondo era un'equazione semplice, mangiare e dormire. E amare. Pensando a quegli amori che duravano e che guardavano figli crescere, quando si insegnava ad un nipote, quei tempi in cui si guidavano le anime e dove il camino era la televisione. E con questi pensieri salire le scale, ed entrare in casa. Tutto tace. Quattro respiri all'unisono e tanti sogni, alcuni densi di preoccupazione, altri di giochi e altri ancora di musica. Poi guardi le facce, quelle vere perchè nel sonno sei sempre quello che realmente sei. E finalmente ritrovarti nel tuo posto nel mondo.

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